domingo, 29 de septiembre de 2024

Poema "E Q" (traduzione in italiano)



Sono una studentessa indigena. Mi riconosci;

il mio ritratto è sulle pagine dei grandi libri;

raffigurata in gonna e in “divisa”.


Mi giro a testa in giù e il cielo è sotto

e la terra rimane sopra; così non è il mio mondo;

mi reggo in piedi

il cielo ritorna sopra

e la terra sotto. Il mondo inizia ai miei piedi,

questo è il mio mondo.

Il mondo inizia nelle mie ossa,

nei tuoni che respiro, nelle catene montuose che prendo in mano

e faccio una matassa per avere la mia imago mundi.


Le mie trecce si fanno strada verso casa, nei fogli

ti sei informato che il tetto si rimuove togliendo un palo;

mio nonno mi chiama fenicottero

perché ho imparato a dormire senza chiudere gli occhi;

mio zio non sa nemmeno firmare

e mio zio materno, che ha fatto la primaria,

mi rimprovera e forse per questo mangia di più.


Le finestre della scuola

deviano il Sole fino al mio cortile lontano;

la Scuola è la casa più grande in assoluto;

ho chiesto a mio padre di comprare un banco per noi.

Davanti alla lavagna mi anticipa una bambina bianca,

è colei che il Maestro educa.

Piango perché sono indigena e ho una bambina bianca

che il Maestro ha creato dentro di me;

questa ragazza non ce la fa;

il Maestro le dà forza e sostegno

il Maestro ha grandi metodi per quella bambina.

Il Maestro si dimentica di me, di tutti gli alunni

e dice che nulla è stato inventato per gli indigeni.


A volte mi confonde: mi rende lei 

o lei me;

quando l’insegnante non mi parla, sparisce;

ogni dicembre muore e ogni aprile resuscita.

Alla fine dei miei studi si estinguerà 

nella parzialità.


Dalla raccolta di poesie Choza (1978) di Efraín Miranda Luján (1925-2015)